Dal punto di vista psicologico la resistenza al cambiamento è parte integrante dell’istinto di sopravvivenza degli esseri umani. Una propensione naturale a preferire ciò che si conosce rispetto a ciò che non si conosce, e che – pertanto – potrebbe rivelarsi nocivo. Alcune persone davanti ad un cambiamento sperimentano angoscia causata anche solo dalla prospettiva di una trasformazione. Ma – nelle organizzazioni, nelle aziende – questa paura ha senso?
Cambiare il modo in cui le persone lavorano è difficile, molto difficile. La resistenza al cambiamento è spesso fortissima.
Potersi muovere nell’ambiente di lavoro con la familiarità di ripetere cose già fatte in precedenza implica limitare lo stress che invece caratterizza i momenti in cui le persone sono costrette a gestire le novità.
Pensa a quando hai introdotto l’uso dell’e-mail nella routine aziendale: in quanti hanno continuato a inviare fax? Questo perché un nuovo strumento, una nuova procedura, implica modificare consuetudini che si sono rafforzate nel tempo.
Abitudini che sono diventate talmente automatiche da garantire un risparmio di energia mentale. Attenzione: non di efficienza, quanto è più efficiente inviare una e-mail piuttosto che un fax? Ma quanto è più difficile imparare ad usare Outlook piuttosto che continuare a inviare fogli di carta? Quanta energia mentale è necessaria ad imparare?
Tuttavia, viviamo in tempi strani. Tempi in cui sembra che l’unica costante della quale essere certi è che tutto cambia. E, davanti ad ogni cambiamento, o si sopravvive o ci si estingue. Proprio come i dinosauri.
Minding ti supporta in tutti i processi di transizione digitale interna ed esterna per accompagnare la tua impresa verso il futuro.
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Resistenza al cambiamento: il darwinismo digitale
Qualcuno ha anche coniato la frase “darwinismo digitale” per indicare individui e aziende che – sulla spinta del cambiamento perpetuo – non riescono a tenere il passo adeguando le proprie strategie e modelli di business alle nuove condizioni che si creano sul mercato.
Ma se cambiare è diventata ormai una costante è possibile accompagnare le persone, i propri collaboratori e dipendenti, a non avere paura di cambiare ma, anzi, abbracciare il cambiamento come sinonimo di opportunità?
Probabilmente sì.
Ma, in mancanza di entusiasmo (come probabilmente avverrà), l’importante è comunque gestire il cambiamento. E se proprio non si riesce a farlo apprezzare è indispensabile almeno farlo accettare.
I consulenti di change management per vincere la resistenza al cambiamento
Wikipedia definisce il change management (traducibile in gestione del cambiamento) come un approccio strutturato al cambiamento (negli individui, nei gruppi, nelle organizzazioni e nelle società) che rende possibile la transizione. Il change management fornisce strumenti e processi per gestire l’impatto umano di una transizione, ad esempio dovuta ad una innovazione.
Esistono moltissime aziende e moltissimi consulenti che proprio di questo si occupano: di gestire e far accettare il cambiamento all’interno delle aziende loro clienti. E, nel XXI secolo, il cambiamento è rappresentato prevalentemente dalla rapida migrazione verso il digitale. In altre parole: se in azienda emergono resistenze al cambiamento questi consulenti sono la soluzione.
Tra i consigli che questi consulenti sono soliti dare ai loro clienti il primo è quello di conoscere le cause della resistenza al cambiamento (per poterle poi rimuovere). Nella quasi totalità dei casi queste si riassumono in 4 obiezioni.
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Le obiezioni al cambiamento
Obiezione 1: Cambiare è più rischioso che non cambiare. Strategia di rimozione: presenta un’analisi dei rischi e dei vantaggi legati al cambiamento. Sii estremamente onesto e ricorri ad esempi: se il concorrente X ha adottato una determinata tecnologia i clienti si rivolgeranno a lui perché lavora più in fretta e fa pagare meno. E se perdiamo clienti non potremo sopravvivere a lungo.
Obiezione 2: Ho sempre lavorato in questo modo. Strategia di rimozione: la richiesta di cambiare viene interpretata come l’accusa di aver sempre lavorato nel modo sbagliato. Quello che deve emergere invece è che si è sempre lavorato nel modo giusto, ma cambiando esigenze e obiettivi, e volendo rimanere sul mercato, è indispensabile adattarsi.
Obiezione 3: Non ho le competenze, non ho l’età, per cambiare. Strategia di rimozione: la paura sottostante a questa obiezione è quella di essere vicini all’espulsione dal mercato del lavoro. Quindi difficilmente verrà resa manifesta. Tuttavia, è una delle resistenze più forti da demolire. Appunto perché impatta fortemente sulla sicurezza del futuro. Il modo migliore per aiutare è offrire dei percorsi di formazione e di sostegno. Il messaggio che deve emergere è che l’azienda ha ancora bisogno di quel dipendente, della sua esperienza e delle sue capacità, solo che queste devono evolversi attraverso percorsi esattamente mirati a questo scopo.
Obiezione 4: questo cambiamento mi è imposto, non l’ho scelto io. Strategia di rimozione: ce lo dice la psicologia: i cambiamenti sono una delle principali fonti di stress degli individui. E su questo non si può fare nulla. La natura umana è così. Pertanto, sarebbe meglio gestire i cambiamenti in maniera tale da non introdurre più stress di quello fisiologico. Significa che l’azienda deve introdurre i cambiamenti in modo graduale ed offrire alle persone il tempo e la possibilità di abituarsi ai nuovi metodi e alle nuove tecnologie.
Approfondimenti
- Digitalizzazione: il piano Transizione 4.0
- Come richiedere (e ottenere) i finanziamenti per la transizione al digitale
- Come operare una riorganizzazione dei processi produttivi in funzione del piano Transizione 4.0
- Il marketing e le vendite 4.0
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